Il Diabete di tipo 1 è una malattia cronica molto comune ed il numero di bambini che vengono diagnosticati come diabetici è in costante aumento. I sintomi possono essere controllati, ma non esiste al momento una cura. Per molti il diabete significa vivere con iniezioni quotidiane di insulina e la possibilità di gravi danni cronici alla propria salute. Come possono le cellule staminali essere di aiuto? Tutte le cellule del nostro corpo hanno bisogno di energia per sopravvivere. Questa energia e’ disponibile sotto forma di uno zucchero, il glucosio presente nel sangue. Normalmente i livelli ematici di glusosio sono controllati dal rilascio dell’ormone chiamato insulina. L’insulina è prodotta da cellule del pancreas, dette cellule beta. Le cellule beta sono presenti all’interno di strutture chiamate isole di Langerhans. In un pancreas umano ci sono circa un milione di isole di Langerhans. L’insulina prodotta da queste cellule favorisce il trasporto del glucosio dal sangue all’interno delle cellule del corpo dove esso è utilizzato per la produzione di energia.

diabete_2Nel diabete, il corpo non produce una quantità di insulina sufficiente oppure non risponde ad essa in modo adeguato. Il diabete di tipo 1 compare quando il sistema immunitario attacca le cellule beta del pancreas danneggiandole e impedendo loro di produrre insulina. Questo comporta che i livelli ematici di glucosio rimangono costantemente elevati, provocando danni cronici a lungo termine. Al momento non esiste una cura per il diabete. Benché una dieta equilibrata ed un regolare esercizio fisico riescano a controllare almeno parzialmente il diabete di tipo 2, essi non sono efficaci nel diabete di tipo 1. Le persone con il diabete di tipo 1 devono misurare la glicemia più volte al giorno ed iniettarsi l’insulina quando necessario. Purtroppo, nonostante le regolari iniezioni, non è possibile mantenere la glicemia entro i livelli fisiologici. Col tempo l’alto livello di glucosio nel sangue può causare danni al cuore, agli occhi, ai vasi sanguigni, ai reni e ai nervi, mentre l’iniezione di dosi eccessive di insulina può portare a livelli ematici di glucosio eccessivamente bassi (ipoglicemia) che in alcuni casi possono risultare fatali.

E’ possibile trattare il diabete di tipo 1 iniettando nel paziente isole pancreatiche da cadavere. I trapianti possono permettere all’organismo di recuperare i livelli ematici fisiologici di insulina così che le iniezioni non sono più necessarie. Tuttavia, il numero di donatori è largamente superato dalla richiesta. Per di più i trapianti richiedono continua immunosoppressione che prevenga il rigetto dell’organo donato. La terapia immunosoppressiva rende il ricevente suscettibile a infezioni ed è accompagnata da effetti collaterali, a volte anche gravi. Uno dei maggiori problemi che riguardano il trapianto di isole pancreatiche è la carenza di donatori. Invece di usare cellule da donatore, potrebbe essere in futuro possibile generare nuove cellule beta da cellule staminali. Esistono diverse ipotesi sulla possibile origine di queste cellule e sul loro potenziale futuro impiego.

Nell’ottobre del 2014 è iniziata la prima sperimentazione nell’uomo per la terapia del diabete di tipo 1 utilizzando cellule produttrici di insulina derivate da cellule staminali. Da allora associazioni di pazienti, malati e loro familiari sono in fibrillazione per sapere se questo nuovo indirizzo di ricerca approderà a una cura più efficace di quelle attuali o addirittura risolutiva per la malattia. Infatti, la notizia che almeno altri tre approcci simili sono in fase di ‘traslazione’ nell’uomo è arrivata rapidamente sui social network, traducendosi in post che, a volte solo per avere più visibilità, non esitano a definire “miracoloso” tutto ciò che ha a che fare con le cellule staminali, incluse nuove futuribili cure per il diabete. Per fare un po’ di chiarezza sull’argomento la Società Italiana di Diabetologia (SID) ha redatto il documento Cellule staminali nella terapia del diabete che esamina tutti i filoni di ricerca in corso nel mondo, da quelli a un passo dalla clinica, a quelli ancora proiettati nel futuro.

“La medicina rigenerativa con cellule staminali ha la potenzialità non solo di trattare, ma di guarire in modo definitivo il diabete” afferma il professor Lorenzo Piemonti, Diabetes Research Institute-IRCCS Ospedale San Raffaele e coordinatore del Gruppo di Studio ‘Medicina rigenerativa in ambito diabetologico’ della SID. “Come tutti i campi di frontiera – prosegue Piemonti – è più che corretto avere una grande fiducia per il futuro, ma è altrettanto necessario mantenere un sano realismo e un doveroso rigore scientifico”. L’evoluzione della medicina rigenerativa e lo studio della biologia delle cellule staminali sta aprendo scenari innovativi nel campo terapeutico. Nonostante questi progressi, al momento tutti i trattamenti esaminati nel documento “non possono essere considerati uno standard clinico e quindi vanno considerati puramente sperimentali e da effettuarsi solo all’interno di studi clinici approvati”. Siamo dunque solo all’alba della finalizzazione a scopo terapeutico delle tante conoscenze accumulate negli ultimi decenni sulle staminali.

Le proiezioni al 2030 danno infatti un numero record di cinque milioni di italiani diabetici. Più di 300 milioni di persone al mondo sono colpite dal diabete la cui crescita è esponenziale. Le sue vittime sono quasi 4 milioni di persone all’anno. Secondo il WHO, tra il 2005 ed il 2030 il numero di persone afflitte dalla malattia sarà’ raddoppiato. Curare la malattia con le staminali è una possibilità di giorno in giorno più vicina. A quel punto potremo parlare di una vera e propria svolta nella terapia del diabete. Le cellule staminali possono essere utilizzate per sostituire le cellule produttrici di insulina mancanti o malfunzionanti, ma anche per mantenere vive le cellule beta pancreatiche proteggendole dall’attacco del sistema immunitario (alla base del diabete di tipo 1) o dal danno legato al ‘troppo lavoro ’ nel diabete di tipo 2. Sembrerebbe quindi che, quel “trapianto di isole pancreatiche” che ha già debuttato in televisione nella serie Grey’s Anatomy, potrà presto debuttare nella realtà di quella che è, ad oggi, una delle patologie più diffuse in tutte le fasce d’èta.

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