Lucy: doodle celebrativo di Google per i 41 anni di Australopithecus afarensis femmina – Il 23 novembre 1974, ad Afar (Etiopia), i paleontologi Yves Coppens, Donald Johanson, Maurice Taïeb e Tom Gray rinvennero i resti di un esemplare femmina di A. afarensis dell’età apparente di 25 anni, vissuta circa 3,2 milioni di anni fa (Piacenziano). La chiamarono Lucy, in onore della canzone Lucy in the Sky with Diamonds dei Beatles, mentre in amarico è nota come Dinqinesh, che significa “Tu sei meravigliosa”. Il suo nome in codice è A.L. 288 (Afar Locality n° 288). I resti comprendevano circa il 40% dello scheletro (52 ossa). Particolarmente importanti l’osso pelvico, il femore e la tibia, perché la loro forma lascia pensare che questa specie fosse già bipede.[4]

doodle-google-lucyEra alta circa 1,07 metri, piuttosto piccola per la sua specie, e pesava probabilmente tra i 29 e i 45 kg. Aveva denti simili a quelli umani, ma il cranio era ancora scimmiesco, con una capacità tra i 375 e i 500 cm³. Morì sulle rive di una palude, probabilmente di sfinimento, e fortunatamente nessun predatore ne sbranò i resti, disperdendone le membra, così che il corpo, sommerso dal fango, si fossilizzò nel corso dei millenni fino a diventare roccia. Dopo milioni di anni il suo scheletro è ritornato alla luce quasi intatto e ci offre oggi una preziosa testimonianza sulla costituzione fisica degli ominidi di quel periodo.

Nel 1975 fu fatto un altro ritrovamento più consistente. Si trattava di 13 individui differenti di tutte le età, risalenti ad almeno 3,2 milioni di anni e quindi “coevi” di Lucy. Le dimensioni di questi esemplari variavano considerevolmente, al punto tale da indurre alcuni scienziati a pensare che si trattasse di due o tre specie diverse. Donald Johanson, diversamente, sostenne che tutti i fossili appartenevano alla stessa specie, in cui il maschio è molto più grande della femmina. Altri invece pensavano che l’esemplare più grande appartenesse ad una primitiva specie di Homo habilis.

Una scoperta interessante venne fatta nel 1978 da Paul Abell a Laetoli in Tanzania. Il ricercatore scoprì due serie di impronte, più una terza su cui vi sono delle incertezze, risalenti ad almeno 3,7 milioni di anni. Le due coppie di orme presentavano delle differenze sostanziali nelle dimensioni, fatto che secondo alcuni ricercatori, confermerebbe lo spiccato dimorfismo sessuale esistente negli Australophitecus. La falcata ci indica un’altezza compresa tra il 1,2 m e 1,4 m.