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Occhio ai falsi siti di videoconferenza. Gli utenti di Zoom nel mirino dei truffatori telematici. L’allerta della Polizia Postale: falsi siti ZOOM creati per rubare dati personali e risparmi. Lo “Sportello dei Diritti”: seguite i consigli della PolPost e non cliccate MAI su link che vengono proposti ma digitarli sempre dalla barra degli URL del sito ufficiale.

Tra lezioni online e call conference di lavoro o per motivi istituzionali, con l’emergenza “Coronavirus” è esplosa la richiesta di videoconferenze e di app o siti che consentono la videochiamata di gruppo. Tra tutte, una di quelle che si sta più diffondendo è ZOOM e, come accade sovente in rete, più un prodotto viene utilizzato da una platea crescente di utenti e più è possibile che malintenzionati lo clonino o utilizzino dei facsimili per perpetrare frodi online proprio a danni dei primi.

Il nuovo post sulla pagina Facebook “Commissariato di PS On Line – Italia” i rischi che possiamo correre ma anche i consigli per evitare problemi:

“ATTENZIONE AI FALSI SITI DI VIDEOCONFERENZA

Nel corso delle attività di monitoraggio e di alcune segnalazioni, abbiamo riscontrato la presenza di numerosi siti internet contenenti la parola “ZOOM”. Trattasi di siti che simulano falsamente la nota piattaforma di videoconferenza, in questo periodo particolarmente utilizzata per comunicazioni private, per scopi lavorativi come pure per la didattica a distanza.

I falsi siti ZOOM sono in realtà appositamente creati da abili truffatori per rubare, attraverso phishing, i dati personali ed i risparmi di ignari utenti i quali, convinti di acquistare un abbonamento da Zoom, inseriscono nei siti-truffa i propri dati personali.

La polizia postale raccomanda di non cliccare MAI sui link che vengono proposti ma di digitarli sempre dalla barra delle URL del sito ufficiale della società titolare del marchio e di verificare sempre con la massima attenzione l’autenticità dei siti internet o delle app nelle quali inseriamo i nostri dati personali, o che istalliamo nei nostri dispositivi.”.

Fonte: Lo Sportello dei Diritti